Quest’anno ricorrono i 500 anni dalla morte di Raffello Sanzio (1483-1520), che Le Scuderie del Quirinale ricordano con una mostra dal 5 marzo al 2 giugno. Per l’evento saranno esposte opere provenienti dai musei di tutto il mondo.
Raffaello, nato a Urbino, fu figlio d’arte , infatti il padre Giovanni Santi era pittore di corte di Federico da Montefeltro. Il suo primo maestro fu proprio il genitore che per il suo precoce ingegno gli fece frequentare la bottega del Perugino, la cui lezione assimilò e superò tanto che a meno di 20 anni poteva già dipingere in proprio fino al primo capolavoro firmato che è lo “Sposalizio della Vergine” del 1504. In seguito fu a Firenze dove la sua arte subì le influenze di Leonardo e Michelangelo, ben visibili in alcune sue opere, anche se Raffaello andava sempre oltre. Bellissime sono le Madonne di questo periodo, tra cui ricordiamo “ La Madonna del Cardellino”. Nel 1508 Raffaello andò a Roma per decorare le Stanze Vaticane di Giulio II , che lo volle come unico pittore licenziando tutti gli altri. Nella Capitale ebbe importanti incarichi , anche come architetto e soprattutto da Leone X nel 1515 gli fu affidata l’esecuzione di 10 arazzi per la Cappella Sistina, ove sono stati esposti di recente in via eccezionale. I loro cartoni tutti eseguiti da Raffaello, con trascurabili interventi della scuola, si trovano oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Essi rappresentano scene tratti dagli Atti degli Apostoli e furono eseguiti a Bruxelles da Pieter van Aelst. Negli ultimi anni della sua vita Raffaello lavorò poco, tralasciando di intraprendere diverse opere che gli venivano commissionate, forse perché riteneva di avere già dato tutto, ma probabilmente anche per vivere quelli che poi furono gli ultimi anni conducendo una vita comoda e agiata con la donna amata. Poco prima della morte dipinse però un vero capolavoro, “La Trasfigurazione”, commissionata dal cardinale Giulio De’ Medici e che secondo alcuni critici è il “manifesto” delle idee dell’ultimo Raffaello. L’artista morì a Roma il 6 aprile 1520, secondo Vasari dopo una lunga febbre dovuta a fatiche amorose, in realtà per una sospetta pleurite. Sulla sua tomba al Pantheon Petro Bembo fece scrivere un epitaffio in latino, che tradotto recita così “ Qui giace l’illustre Raffaello da cui la natura mentre era in vita temette di essere vinta, ora che è morto teme di morire.” Raffaello, considerato uno dei più grandi artisti del Rinascimento, fu un giovane gentile , di buone maniere e di bell’aspetto, come appare in alcuni suoi autoritratti. Ebbe una vita sentimentale piuttosto intensa, ma il suo unico grande amore fu la fornarina Margherita Luti, che diventò anche la sua modella in numerosi dipinti dove possiamo ammirare la sua bellezza. Il più famoso di tutti è appunto “La Fornarina” (1518) conservato a Palazzo Barberini. Si amarono intensamente fino all’ultimo e ,alla morte di lui , Margherita disperata e inconsolabile si ritirò a vita in un convento. Raffaello era attratto dall’universo femminile, di cui ammirava non solo la carnalità ma anche la grazia come rivelano le sue Madonne. Questo exursus su Raffaello, necessariamente breve e volutamente manchevole di approfondimento sulla sua arte, vuole essere un invito a visitare una mostra notevole per la ricchezza di ben 200 opere, le sole rivelatrici del suo genio. Infatti sono i dipinti a dover parlare di lui alla nostra sensibilità. Raffaello fu un artista totale e dopo di lui il mondo dell’arte non fu più lo stesso. Un’altra bella mostra da visitare è quella al Museo di Capodimonte dal 6 aprile al 12 luglio dedicata al napoletano Luca Giordano (NA 1634-1705) intitolata “Dalla natura alla pittura”. Anche questo artista come Raffaello ebbe dalla sua la fortuna di avere un carattere gradevole, che lo favorì nei rapporti interpersonali anche con i potenti, come il re di Spagna Carlo II, che lo nominò Cavaliere e che lo apprezzava anche per essere molto religioso. Fin da giovanissimo, avviato dal padre, si dedicò alla pittura, in cui si rivelò molto abile anche nell’imitare gli altri pittori, tra cui il caravaggesco Ribera. Viaggiò molto in Italia per studiare le opere dei grandi pittori, tra cui Pietro da Cortona il quale fu colui che influenzò più degli altri la sua arte, anche se a Venezia assimilò e fece sua la pittura del Veronese. La sua attività intensa fu in continua ascesa fino a raggiungere il culmine negli ultimi 30 anni della vita con opere celebri come gli affreschi nella chiesa di Santa Brigida a Napoli (1682), il soffitto di Palazzo Riccardi a Firenze , i dipinti di Santa Maria della Salute a Venezia. Notevole fu anche la sua attività a Madrid, dove affrescò lo scalone dell’Escuriale e arricchì di numerose tele varie chiese, il Prado, Palazzo Reale ….. Al suo ritorno a Napoli lavorò alla Certosa di San Martino e nella sua amata città morì il 12 gennaio 1705. Luca Giordano viene ricordato con un nomignolo che gli rimase per tutta la vita, quello di “Luca fa presto”, per la velocità con cui dipingeva e portava a termine le sue opere, non per questo prive di valore. La sua pittura , infatti, nata in pieno barocco, diventò col tempo antesignana del rococò e influenzò molti artisti del ‘700 non solo napoletani.
Le mostre dedicate ai pittori di cui sopra terminano la prima il 2 giugno, la seconda il 12 luglio, quindi, a Dio piacendo, speriamo di poterle visitare entrambe.
Mena Merola Vitale