E’ possibile il paradiso sulla terra o è un’utopia? Questo quesito-dilemma da sempre pone l’uomo davanti all’angoscioso problema se è possibile creare qui sulla terra, dove siamo nati e viviamo, uno stato di grazia che trasformi tutti gli uomini in fratelli. Sia la religione, sia la filosofia platonica, sia la più recente di Kant, hanno tentato di convincere gli uomini che è molto più remunerativo ed egoisticamente utile cercare di vivere una vita all’insegna di una pace mondiale, che lottare per la sopraffazione di un altro popolo, con la speranza – questa sì utopistica! – che il dominio e il potere sugli altri ci dia benessere, serenità, gioia. Se così non fosse perché esistono le guerre, le violenze, i desideri di conquista?
E’ uno dei grandi paradossi dell’uomo: io mi sento appagato e gioisco della vita se sottometto chi mi sta intorno, isolo la mia oasi costruendo muri e proteggendo il mio paradiso artificiale. E’ mai accaduto, nella storia del mondo, che una conquista ottenuta con la guerra e la sottomissione degli sconfitti abbia dato una lunga e fruttuosa pace? Assolutamente no, perché superata la fase tragica e umiliante della sconfitta, nasce subito il desiderio di vendetta e il vincitore deve stare sempre all’erta e in armi per far fronte alla ripresa dei diritti degli sconfitti.
Proprio in questa fase storica della umanità, quando, almeno una parte del mondo si gloriava di una pace lunga e proficua di oltre settant’anni, una nazione rivendica diritti su un’altra nazione, vengono coinvolti gli alleati dell’una e dell’altra parte e si riprende a lottare, l’uomo improvvisamente si snatura, riscopre la sua vera identità di homo homini lupus e diventa di nuovo demolitore di beni e di vite.
Alcuni giorni fa Papa Francesco ha ricevuto la visita di Macron (la terza) ed ha avuto in regalo, dal Presidente francese, una prima edizione in francese dell’opera “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant, scritto nel 1795; questo progetto etico-giuridico del filosofo tedesco, rielabora con una riflessione molto avanzata i concetti ispiratori della Rivoluzione Francese, con la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino, e di quella americana, basata sul federalismo, ma sempre nel rispetto dei diritti delle genti, a loro volta ispirati dal giurista italiano Gaetano Filangieri, che, con la sua opera “La Scienza della Legislazione”, diede inizio ad una vera e propria rivoluzione nel campo del diritto delle genti e ispirò sia la legislazione americana che quella francese.
Kant nel suo pensiero elabora una riflessione molto avanzata: al centro di essa c’è l’ideale della pace e la ricerca delle sue condizioni di possibilità per ottenerla; egli afferma che oltre all’ordinamento repubblicano dello Stato e al “debole” (purtroppo mai riconosciuto!) diritto delle genti, sono necessari istituti giuridici più elevati in grado di unire i popoli e abolire le guerre.
La spinta alla sua riflessione gli viene dalla pace di Basilea tra la Francia rivoluzionaria e la Prussia, patria di Kant. Dice il filosofo che quella pace è solo una tregua, prima o poi la strage riprenderà verso il” grande cimitero del genere umano).
La storia ci informa (non insegna!) che questa lapalissiana verità è evidente da che esiste la storia dell’uomo, ma, ecco lo sforzo etico-giuridico di Kant: non bisogna arrendersi, ma lottare per una “pace perpetua”. Egli non si cura delle critiche rivolte ad altri filosofi giuristi che lo avevano preceduto e cioè che la pace eterna è un’utopia. Egli cerca di tradurre l’illuminismo in diritto e con precisione e metodo verifica l’ipotesi di una vita pacifica. Non vogliamo entrare nei dettagli dell’opera, non ne saremmo capaci, ma solo riassumere i tre articoli che sono i pilastri dell’edificio. Il primo individua lo Stato repubblicano come il fondamento della pace; il secondo prevede che gli Stati repubblicani si leghino in una Confederazione; il terzo prescrive che il rapporto tra gli Stati e gli stranieri si ispiri alla logica “dell’ospitalità universale”. Così fondato, il “Diritto Cosmopolitico” avvicina, secondo Kant, il genere umano ad una nuova Costituzione cosmopolitica.
Al di là delle critiche dei filosofi e politici oleati di scetticismo e di ironia per le tesi utopistiche kantiane, il suo messaggio è uno stimolo morale che ci spinge ad osare e a non arrendersi mai per cercare di ottenere la pace perpetua, che è anche il sogno di noi rotariani; senza di essa non sono attuabili i principii ispiratori del Rotary ed in particolare il Servire inteso come volontà di agire al di sopra dell’interesse personale e quindi di raggiungere un obiettivo comune, promuovere la comprensione, la buona volontà e la PACE nel mondo.
Pasqualino Simonelli