Dopo una difficile battaglia elettorale, Lula da Silva ha battuto il conservatore Bolsonaro nella corsa presidenziale più combattuta nella storia del Brasile, consolidando lo schieramento a sinistra dell’America Latina.
<<Hanno provato a seppellirmi ma sono risorto>>, ha detto il neo Presidente nel suo primo discorso alla nazione.
Lula, che ha già presieduto il Brasile dal 2003 al 2010, è stato rieletto per la terza volta, con 60 milioni di voti (50,9%) contro il 49,1% del suo rivale nel ballottaggio dell’ottobre scorso: una vittoria di misura, ma importante, significativa, che ha segnato il dietrofront politico per il più grande Paese sudamericano, dopo quattro anni di amministrazione disastrosa di estrema destra.
Di umili origini, operaio, si fa strada con un’impegnata coerente azione sindacale di sinistra, restando tuttavia sensibile alla dottrina e all’azione della Chiesa cattolica – che pratica l’opposizione più autorevole alla dittatura militare – anziché ai dogmi della rivoluzione marxista.
Vittoria importante quella di Lula, fortemente contestata da Bolsonaro, che ha cercato di invalidare l’esito del voto per presunti brogli, ricorrendo al tribunale elettorale brasiliano. Ricorso respinto, non presentando prove credibili a sostegno di pretestuose accuse, rivelatesi destituite di ogni fondamento.
Compito difficile quello che attende il neo Presidente, che deve ricostruire la democrazia brasiliana, affrontare la crisi economica e unire un Paese diviso.
Ecco le prime sfide del nuovo corso: l’Amazzonia, la povertà e l’economia.
Il nuovo governo, in primo luogo, dovrà rifinanziare il programma sociale di aiuto alle famiglie in stato di povertà e rilanciare la crescita economica, con investimenti soprattutto su scuola e sanità.
Ma un impegno determinato, indifferibile, va posto anche sull’Amazzonia, su cui fermiamo la nostra attenzione.
Immensa regione dell’America meridionale, paradiso della biodiversità, sempre più a rischio, sia per il progredire dei cambiamenti climatici che per l’azione diretta dell’uomo.
Negli ultimi tempi aree sempre più estese dell’Amazzonia sono stata disboscate per far spazio agli allevamenti intensivi di bovini o alla produzione del legno, mentre frequenti incendi dolosi ne hanno drammaticamente modificato l’habitat, minacciando le popolazioni indigene – costituite in prevalenza dagli indios – che da secoli vivono in perfetta simbiosi con la natura.
La voce più autorevole che si è levata negli ultimi anni contro la politica demolitrice di questa vasta foresta pluviale, che mira a cancellare il polmone verde del pianeta, con grave nocumento per la vita animale e vegetale, è stata quella di papa Francesco, che nella enciclica “Laudato si’” ha rinnovato un accorato invito al dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro della Terra.
La recente elezione di Lula, che pone tra le prime sfide del suo programma la salvaguardia della foresta equatoriale, segnando una svolta nella politica del suo Paese, è stata una fortuna per l’Amazzonia e per il mondo intero.
<<La vittoria di Lula non è solo del popolo brasiliano ma di tutto il mondo. Con lui ci sarà per la prima volta una donna indios ministro e le politiche ambientali avranno una svolta con lo stop della deforestazione>>. Così una nota del co-portavoce di Europa Verde Bonelli, che riecheggia le felicitazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che auspicano uno sviluppo ulteriore dei rapporti bilaterali tra Roma e Brasilia, estendendoli a tutti gli ambiti di comune interesse, operando d’intesa per contribuire alla soluzione delle numerose sfide, anche alla pace e alla sicurezza.
Anche noi auguriamo buona fortuna a tale “impresa”.
A conclusione, ribadiamo che lo scenario che si apre con la vittoria di Lula è molto importante, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla povertà, la salvaguardia dell’ambiente e le lotte per i diritti delle comunità indigene, delle donne e delle fasce più marginalizzate della società.
Gino Tino
