«Guardarsi indietro, per guardare avanti». E rimettere l’uomo al centro, per costruire un nuovo paradigma a guida delle scelte, strategiche e valoriali, che di qui ai prossimi anni il mondo ci pone davanti.
Un umanesimo nuovo, dunque. Fondato sul rispetto dell’altro, sul rispetto della natura che ci circonda; sul rispetto dello strumento potente dell’intelligere, di cui solo lo zoon politikon ha dote. «Da maneggiare con cura», si scriveva nei manuali d’uso.
Guardarsi indietro. E ripensare al rimescolamento globale di priorità che l’“era-covid” ha prepotentemente imposto. E poi guardare all’oggi, con i crudi scenari di guerra a bussarci alle porte. Per svegliare, si spera, ancora le coscienze, piuttosto che cedere al nichilismo.
L’uomo al centro. Non è manifesto apologetico della specie umana, ma dichiarazione di principio, opposta e contraria all’autoreferenzialità dell’individuo: persona, uomo, comunità. Societas, “noi”, per avanzare come comunità, e non arretrare nell’io.
Una missione, un compito da assegnarci. Una sfida da vincere, insieme, nell’idem sentire che annoda agli animi. Fissando i punti cardinali, coordinate di principio e d’azione, non solo da enunciare, ma da praticare quotidianamente. Il noi, e non l’io.
L’uomo torna al centro se al centro, su tutto, c’è l’uomo col suo lavoro. Il lavoro come strumento di unione e condivisione. Competizione, ma nell’accezione semantica pura: cum paetere, chiedere insieme. Non più l’inseguimento individuale della carriera, ma la nobiltà della professione, di ogni professione, al servizio della comunità. Servizio per gli altri, impegno civico e civile, cristallizzato nella norma costituzionale come pilastro della Res publica.
Le crisi di ieri e di oggi ci impongono di strutturarci come uomini e come comunità di fronte alle scelte politiche da prendere. Ma non c’è polis senza etica e capacità di analisi critica. La prima politica è vivere, sta a noi scegliere come. Krisis è «giudicare con la ragione», cioè separare per mezzo del logos la via della verità dal sentiero ingannevole dell’opinione, a cui l’uomo preferisce affidarsi.
Il tempo dell’uomo nuovo è oggi. I valori, e la verità, sono eterni. Vanno incardinati nel tempo che si vive, e nel luogo che è casa. Ecologia dello spirito, amore dell’oikos, e casa nostra è questo Mezzogiorno d’Italia troppe volte divenuto vagone pesante al traino, e che invece può essere locomotiva.
Scegliendo il lavoro come propulsore: i giovani si formano qui, fanno esperienza in giro per il mondo, e spesso la loro erranza non trova approdo se non lontano dal luogo natio. Ma, tra erranza e restanza, c’è il viaggio e il ritorno. E tornare si può. E se a mancare è il coraggio delle scelte, l’uomo nuovo deve ritrovarlo nei valori: sevizio, comunità, socialità. Un Mezzogiorno di valori, un Mezzogiorno di lavoro.
E’ il tempo di alleanza sociale; andare oltre i conflitti e le crisi è la sfida: donne e uomini, lavoratori e impresa, giovani e anziani, uomo e ambiente. Insieme, un nuovo umanesimo. Insieme, con afflato rotariano, che è la cifra a cui conformare il nostro agire. Insieme, artigiani di futuro.
Andrea Boggia