L’occasione è stata una vacanza di studio, disegnata con l’intento di approfondire alcuni aspetti interessanti le varie patologie e la loro terapia.
Ad onor del vero confesso però che, quando mi fu offerta questa possibilità, sul finire dell’anno appena trascorso, non fui tanto contento per la possibilità di arricchire il mio bagaglio culturale professionale, che anche c’è stata, quanto perché avrei avuto l’opportunità di ammirare da vicino, nella Concattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta, capitale dell’isola di Malta, due delle opere pittoriche di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che non avevo mai viste prima.
Durante il giro panoramico, all’ingresso della Città Vecchia, teatro, in parte, di più recenti opere architettoniche di un altro italiano illustre, l’architetto e senatore Renzo Piano, per ironia della sorte sono accolto da una stele del “Rotary della Città di Valletta”, apposta nel 1980 in occasione del riconoscimento di “sito Unesco” del centro storico, che mi fa sentire subito “a casa”.
Con impeto, la invio al nostro Presidente ed al Tesoriere, dicendo loro, orgogliosamente, che siamo presenti ovunque. I miei passi, nell’ampio centro storico della Città, tra gli antichi palazzi, sono lenti e ritmati dal pensiero che più di quattro secoli prima, in quegli stessi luoghi, si aggirava Michelangelo Merisi da Caravaggio, quasi a volerne ripercorrere le orme. Ricordo che, a causa del protrarsi del pranzo, in un suggestivo palazzo storico del centro, e per la imminenza della conferenza scientifica che si sarebbe dovuta tenere di lì a poco al Corinthia Hotel nella St George’s Bay, molti colleghi avevano declinato il mio cortese invito di visitare la St John’s Co-Cathedral e l’annesso Museo. Poi, la mia determinazione deve averli convinti, sicchè, numerosissimi, ci incamminiamo verso la vicina Concattedrale, presente alle nostre spalle: un imponente edificio, scarno fino all’essenziale sulla facciata esterna, che contrasta con la ricchezza dei fregi barocchi del suo interno.
Qui, dopo aver staccato il biglietto d’ingresso, con l’ausilio di preziose guide audio-visive, ci godiamo tutte le opere custodite, camminando lentamente e con attenzione, per non ledere i preziosi e secolari marmi ai nostri piedi; sino all’Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri dove, al cospetto del Caravaggio, si materializza ciò che cercavamo, il frutto dei nostri desideri, che ci aveva portato in letizia così tanto lontano.
In una splendida cornice dorata, con figure a rilievo, un grande olio su tela (361×520 cm) realizzato da Caravaggio nel 1608, raffigurante la decollazione di San Giovanni Battista, tra i più grandi dell’opus caravaggesco, a lui commissionato dalla Compagnia della Misericordia.
Essendo stato nominato Cavaliere di Grazia poco prima dell’esecuzione del dipinto, Caravaggio appone la sua firma sul sangue che schizza dalla testa del Santo, chiaro riferimento al motto dei Cavalieri “Ex sanguine virtutem traho”- “dal sangue traggo virtù e forza”; ma anche a voler trovare una sorta di identificazione nel martire, poiché anche lui, il grande Caravaggio, avrebbe subìto la stessa sorte, data la condanna a morte che pendeva letteralmente sul suo capo dopo l’omicidio, a Roma, il 28 maggio 1606, del rivale, nonché creditore, Ranuccio Tomassoni; ed è posto in chiara correlazione col battesimo, di cui San Giovanni, protettore dei Cavalieri, fu assoluto precursore. Nella tela sono rappresentati un carceriere imperterrito, il boia che si appresta a vibrare il colpo mortale, ritratto mentre prende il coltello dal fianco, afferrando il Santo per i capelli per distaccargli la testa dal busto, una giovane che reca nelle sue mani il bacile su cui raccoglierà la testa del Battista ed una vecchia signora che si copre il volto con le mani per nascondere l’orrore della scena a cui assiste.
Sulla destra, due carcerati assistono da un grata alla scena.
Il santo è colto negli ultimi spasmi di vita, con le mani legate dietro le spalle, e indossa l’abituale veste di peli di cammello intrecciati ed una tunica rossa, simbolo del martirio, suo e di Cristo suo cugino, a cui assomiglia sia esteticamente che fisicamente. Al centro della composizione è il corto pugnale, detto della “misericordia”, col quale il boia si appresta a staccare la testa dal busto, mentre la spada con cui era stato sferrato il primo colpo è al di sotto del Santo. L’attenuazione dei contrasti di luce immerge la scena nella penombra e rimanda ad una spietata esecuzione, eseguita alle prime luci dell’alba.
E’ stato interessante apprendere dalle nostre guide audio-visive che, poco dopo la composizione dell’opera, quando l’Artista, imprigionato nel Forte Sant’Angelo per le gravi lesioni inferte durante una rissa ad altro Cavaliere (il nobile astigiano Giovanni Rodomonte Roero), fuggì dall’isola, la bolla con la quale veniva radiato dall’Ordine fu letta proprio davanti a questa sua singolare tela. Come a dire che si potevano pure condannare le sue miserie umane, ma non fare a meno della sua raffinata opera pittorica.
A pochi metri da me, il San Girolamo scrivente (117×157 cm), santo di primaria importanza nella Chiesa Cattolica, colui che ha tradotto la Bibbia dal greco al latino. La tela, incorniciata da legno dorato e ornato, fu commissionata da Ippolito Malaspina, alto funzionario dello Stato monastico dei Cavalieri di Malta. Il santo viene ritratto barbuto ed anziano, posto in una piccola cella monastica, con la parte superiore del corpo priva di vesti, mentre il ventre e le gambe sono coperte da una toga rossa. Anche qui il magistrale gioco di ombre e di luce serve per estrapolare al massimo l’intensità psicologica del personaggio. L’olio su tela accoglie il visitatore dell’Oratorio con una disarmante semplicità ed umiltà, che placano i moti vorticosi dell’animo umano e lo dispongono al bene.
Ricordo di aver ascoltato dalla guida audio-visiva, almeno tre volte, la descrizione delle opere presenti nell’Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri e, segnatamente, di quelle caravaggesche. Confesso di essermi congedato con fatica da questa “grande bellezza”, che meritava, forse, maggiore contemplazione e riflessione. Già tante altre volte, specialmente nelle Scuderie del Quirinale, a Roma, mi era capitato di visitare mostre con le opere del Caravaggio. Mai, però, ho provato una emozione così intensa come nell’Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri, a Malta: complici le due sole opere presenti, la immensità della tela e lo struggente realismo della spietata esecuzione del Battista, con il sangue del martire letteralmente firmato dall’artista che, pensando di avere lo stesso destino per la sua vita dissoluta, riproponeva caparbiamente il tema nelle sue tele ogni volta che ne aveva l’opportunità, facendo vibrare le corde più recondite dell’animo umano e le più intime del nostro. Mi avvio, così, con animo grato, alla Conferenza scientifica e mentre il taxi si inerpica lungo le tortuose strade della capitale, il mio pensiero corre allo sguardo impietrito, impotente e rassegnato del Battista su cui infierisce impietosamente il suo aguzzino ed a quello, dimesso, di San Girolamo che, dal chiuso della sua celletta, accoglie il visitatore dell’Oratorio con pensieri di eternità.
Attilio Costarella